Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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BUROCRAZIA INDEGNA  - Sentenza TAR Lombardia 14 maggio 2025

    

A Varese ci deve essere un rapporto anomalo tra l’ambiente e  funzionari e  giudici che vi vengono  inviati dal Sud. Forse è un  po’ responsabilità dei “bosini” (ammetto che al 50% sono anch’io varesotto), con i piedi per  terra, concreti ed amanti dell’efficienza, forse è colpa di quei funzionari  che a Varese si sentono inviati “al confino”, che non si inseriscono per diversità di lingua e mentalità. Un po’ la sindrome da integrazione degli immigrati. I lombardi non amano gli incapaci che vogliono sfruttare il piccolo potere che hanno e che lo fanno pesare sugli altri; ricordo quando ero a Sondrio che il Procuratore Capo, convinto della regola  esposta da Gioacchino Belli “io sono io  e voi non siete un cazzo”, ingaggiò un’epica lotta per ottenere di avere la tessera per andare gratis, lui e la famiglia, al cinema locale! Tessera che, tra l’altro, era sconosciuta! Ovviamente lo mandarono  “a dar via i ciap”; lui si fece tradurre le frase e ci andò!
    Questa mia opinione è nata dalle molte lettere che, negli anni, ho ricevuto da cittadini esasperati per le interpretazioni che la Questura di Varese adottava in materia di armi, sempre vessatorie e prevaricatrici dei diritti dei cittadini.
    E’ stata poi confermata dal caso Binda-Macchi, disgustoso errore giudiziario con la condanna all’ergastolo, senza prove, di un innocente, con troppe analogie con il caso di Garlasco: totale incapacità di giudici e investigatori, per ignoranza di ogni cultura investigativa, di affrontare processi che vanno un po' oltre il furto di polli, nomina di periti non per cercare la verità, ma per sostenere le proprie teorie. Si veda il caso in questi miei articoli:
    https://www.earmi.it/varie/Binda-Macchi.html
e, sulla mancanza di cultura di giudici e loro periti, quest’altro articolo
    https://www.earmi.it/varie/scienze%20forensi.html .

Ed ora, sempre da Varese un altro caso disgustoso che solleva il velo su come in alcuni uffici di PS vi sia un vero e proprio accanimento contro i cittadini: funzionari che fanno acrobazie con i pochi neuroni che hanno non per aiutare e capire l’onesto cittadino che hanno di fronte, ma per incastrarlo, inventandosi reati ad orecchio perché non hanno la capacità di guardarsi la legge, ecc. ecc.
    In questo mese ho dovuto vedere il caso di una questura che vorrebbe pretendere il preavviso di trasporto per le armi liberalizzate e del ministero che sostiene i dubbi di una questura circa la possibilità per i Sindaci che siano ufficiali di PS, di andare armati senza licenza. Per questi soggetti ogni norma o interpretazione che semplifica le cose e incide sul loro potere burocratico, è un attentato alla loro autorità. Sono i peggiori nemici dell’informatizzazione e dell’intelligenza artificiale perché sentono che con esse dovranno sparire perché stanno facendo un lavoro inutile e controproducente.
    Un ministero serio avrebbe già da anni un archivio informatico perfetto delle armi e le informazioni su di un cittadino dovrebbero comparire in tempo reale sullo schermo del computer; nulla osta, licenze di ogni tipo potrebbero essere rilasciate a vista a chi ha diritto di averle. Ora, quando si presenta davanti ad un funzionario, pensa solo “che Dio me la mandi buona”! Un ministero serio avrebbe da tempo dato delle istruzioni chiare e precise sulle leggi in modo da bloccare le interpretazioni personali. Non è mai stato fatto. Negli anni 80 ne avevo parlato con il prefetto Vincenzo Parisi, poi divenuto Capo della Polizia e autore di un libro in cui esponeva la legge 110; fu d’accordo, ma poi prevalse il muro di gomma che protegge la burocrazia, come si conviene ad ogni gabbia di matti!
    Altro problema, che ormai investe quasi ogni  organismo burocratico statale, è la mancanza di ogni dialogo: è divenuto perfettamente inutile fare istanze, memorie, ricorsi: spariscono, non si sa se negli armadi o nella spazzatura, e il cittadino attende per mesi senza neanche sapere se qualcuno ha letto ciò che ha scritto! Cosa normale per un ministero che si è concesso, in deroga alla legge che fissa in 30 giorni il termine per evadere le pratiche, ben 60 giorni anche per pratiche evadibili a vista (tutte pratiche che se non evase bloccano l’esercizio dei propri diritti da parte dei cittadini e li danneggiano). Mi ricordano tanto i versi di quel canto del 1920:


Me ne frego
me ne frego
me ne frego è il nostro motto.

    Il caso accaduto  a Varese è emblematico di questa situazione.
    Nel settembre 2023 il sign. C……. N…., ultraottantenne, onesto proprietario di una villa, subiva in furto; arrivano degli agenti di PS che constatavano i fatti e vistavano la villa. Il proprietario, collezionista di armi antiche, mostrava le armi e la cosa finiva lì. Ad ottobre improvvisamente gli arrivano in casa agenti della questura per la verifica delle armi, a seguito della quali gli contestavano:
    - L’omessa denunzia e inserimento in collezione di 8 armi antiche; peccato che la legge esenti il collezionista da denunzia dei nuovi acquisti, se le armi sono omogenee a quelle collezionate.
    - L’omessa custodia di armi e munizioni; crassa ignoranza o malafede perché per armi antiche e munizioni non vi è obbligo di custodia penalmente sanzionato. Contestavano anche che le pistole era entro un cassetto non chiuso a chiave: stupida ignoranza o malafede perché è cosa ovvia che le armi soggette a custodia vanno tenute chiuse a chiave solo quando nessuno in casa; se il proprietario o suoi familiari sono in casa è ovvio che essi possono aprire cassetti e casseforti perché la presenza di una persona è la miglior custodia possibile e perché le armi vengono maneggiate, pulite, studiate. Del resto come si può essere così imbecilli da contestare l’omessa custodia delle armi, se i ladri le armi non le hanno rubate?
    - Il superamento del numero di munizioni detenibili (1675 invece di 1500). La cosa non chiara. Si può anche pensare che vi fossero delle munizioni antiche ormai inutilizzabili e quindi da non computare, oppure ad un semplice errore di calcolo.
    Si noti l’assurdo metodo di procedere per cui all’interessato, che potrebbe chiarire molte cose, sia in fatto che in diritto, non vengano chieste spiegazioni. Pare che abbiano paura che il cittadino annulli la loro brillante operazione di guerra al crimine! Se al vertice la smettessero di considerare importanti a fini di valutazione della carriera i verbali in materia di armi (nel 98% dei casi del tutto irrilevanti ai fini della sicurezza pubblica), forse molti la finirebbero di fare verbali utili solo solo  a se stessi!

    Il verbale di constatazione veniva inviato alla Procura della Repubblica che non ravvisava alcune reato e lo archiviava rapidamente. Ciò nonostante il 20 novembre 2023 l’onesto cittadino, colpevole di essere stato vittima di un furto, viene raggiunto da una pioggia di divieti, emanati in concorso fra di loro da prefettura e questura, con cui viene imposto il divieto di detenere  armi e munizioni, viene ritirata la licenza di caccia, vengono ritirate le armi e le munizioni, viene revocata la licenza di collezione. Se la PS agisse con la stessa rapidità ed efficienza non stando dietro le scrivania e non solo contro gli onesti, ma corresse sul territorio a ricercare i delinquenti, si migliorerebbero non solo le statistiche dei funzionari, ma anche quelle sulla criminalità!

    Questi divieti  venivano prontamente impugnati, ma prefettura e questura non facevano una piega e non si curavano di rispondere alle osservazioni, puntuali e motivate del cittadino. Neanche le leggevano e si opponevano con frasi fatte del tipo “i fatti sono stati accertati e sono gravi”. Comportamento indegno di un ufficio pubblico perché quando il cittadino contesta l’esistenza o l’interpretazione di una norma o contesta che i fatti sono diversi, l’ufficio ha il dovere di motivare perché  la contestazione non è errata. I verbali di constatazione sono atti pubblici e fanno fede sui FATTI constatati, ma non sull’interpretazione delle norme e sull’esistenza di un reato. Se l’appuntato Cacace trova un pacco di bicarbonato e le sequestra ritenendola cocaina, il suo verbale fa solo fede sul fatto che ha trovato un  pacco!Ma qualcuno si è ritrovato in galera!
    E’ criminale sperare che il cittadino rinunzi ad impugnare  i divieti al TAR perché non ha soldi da sprecare oppure negare l’evidenza ad oltranza perché comunque il cittadino soffre e spende soldi mentre essi non rischiano nulla.
    Ancor più criminale quando questo comportamento porta a rifiutare di dare il dovuto peso al fatto che la magistratura ordinaria ha già stabilito che non vi sono addebiti da fare al cittadino.
    Il TAR ha reso giustizia  facendo strame dei provvedimenti di prefetto e questore ed ha anche condannato il Ministero  a pagare quattromila euro di spese legali. Somma che di certo non copre le vere spese legali sostenute, pari ad almeno 5 volte, stante il numero di ricorsi che è stato necessario proporre, e che non ripara al danno morale di un anziano impedito di  coltivare le sue passioni.
    Non so se sia mai stata una buona idea di mettere i prefetti a fare i ministri dell’interno; senza dubbio funzionano per  tutelare la sicurezza pubblica, ma ho i miei dubbi sulla loro possibilità di incidere sulla burocrazia.  Scrivevano i romani “canis canem non est”. Di certo negli ultimi trent’anni non è stato fatto nulla per rimediare ai ben noti problemi.
    Sia chiaro, non ce l’ho con gli uffici di Ps di Varese che mi sono capitati fra le mai per caso e dove, quasi di certo, i funzionari sono già cambiati,  ma con il dannoso sistema burocratico che imperversa. Basta una rapida ricerca nell’archivio delle decisioni del TAR e del Consiglio di Stato per trovare decine e decine  di casi analoghi; tutti casi che potevano essere risolti, con  un minimo di correttezza, senza intasare la giustizia amministrativa di cause inutili. Se una struttura burocratica non ha la capacità e la voglia di correggere i proprio errori, si è giunti proprio alla frutta!

Ecco il testo della sentenza del TAR

N. 00823/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 823 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da C...... N….., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Papi Rossi, Nicola Ferrante, Antonio Bana, Maria Gabriella Marrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
U.T.G. - Prefettura di Varese, non costituito in giudizio;
nei confronti
Questura di Varese, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 3399 del 2024, proposto da C……. N…., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Papi Rossi, Nicola Ferrante, Antonio

contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
Questura di Varese, non costituito in giudizio;
nei confronti
U.T.G. - Prefettura di Varese, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 2837 del 2024, proposto da C……. N…., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Papi Rossi, Nicola Ferrante, Antonio Bana, Maria Gabriella Marrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
Questura di Varese, non costituito in giudizio;
nei confronti
U.T.G. - Prefettura di Varese, non costituito in giudizio;
per l'annullamento quanto al ricorso n. 823 del 2024: per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
i) del Decreto della Prefettura di Varese, Ufficio Territoriale di Varese, del 5 marzo 2024, notificato a mezzo PEC lo stesso giorno, recante il rigetto dell’istanza di revoca del decreto prefettizio n. 40346/2023, Area I P.A. del 20 novembre 2023 di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi, nonché ove occorrer possa, del decreto prefettizio n. 40346/2023, Area I P.A. del 20 novembre 2023 di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi (doc. 2) e iii) di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso con quelli impugnati; per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da N….. Costantino il 26\6\2024: i) del Decreto della Prefettura di Varese, Ufficio Territoriale di Varese, del 24 maggio 2024, prot. 23281/2024, notificato a mezzo PEC lo stesso giorno (doc. 20), nonché ii) di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso con quelli impugnati;
quanto al ricorso n. 3399 del 2024:
i) del Decreto del Questore della Provincia di Varese del 4 novembre 2024 recante il rigetto dell'istanza di rinnovo della licenza di porto d'armi per uso caccia, ii) della nota della Questura di Varese ex art. 10-bis della l. n. 241/1990 del 5 settembre 2024, nonché ove occorrer possa, iii) del decreto prefettizio n. 40346/2023, Area I P.A. del 20 novembre 2023 di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi, già gravato nell'ambito del ricorso R.G. n. 834/2024 non ancora definito. Con riserva di motivi aggiunti di ricorso; quanto al ricorso n. 2837 del 2024:
i) del Decreto del Questore della Provincia di Varese del 3 settembre 2024, notificato il successivo 10 settembre 2024, nonché ove occorrer possa, ii) del decreto prefettizio n. 40346/2023, Area I P.A. del 20 novembre 2023 di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi, già gravato nell'ambito del ricorso R.G. n. 834/2024 non ancora definito, iii) della nota della Questura di Varese delf'11 aprile 2024 (non conosciuta), iv) della denuncia del 31 ottobre 2023 (doc. 8) e di quella del 25-31 gennaio 2024 (doc. 23), nonché v) di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso con quelli impugnati.
Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ministero dell'Interno e di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2025 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il signor N….. , dopo aver denunciato un furto consumatosi presso la sua abitazione nel settembre 2023, ha ricevuto, nel corso del mese seguente, un controllo amministrativo delle armi da lui detenute da parte di agenti della Questura di Varese.
Da ciò è scaturito l’avvio di un procedimento di revoca della licenza di porto di fucile, della Carta europea per il trasporto delle armi e della licenza da collezione, nonché il sequestro di otto pistole antiche non rientranti nella licenza di collezione, e, da ultimo, l’avvio di un procedimento penale per i reati di detenzione abusiva e omessa custodia di armi di cui agli artt. 20, l. n. 110 del 1975, 38 TULPS e 697 c.p..
In data 20 novembre 2023, la Prefettura di Varese, su proposta della Questura, ha adottato d’ufficio il decreto di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi sulla base dei seguenti elementi:
(i)  la citata denuncia penale per detenzione abusiva e omessa custodia di armi e munizioni;
(ii) il rinvenimento di otto armi non denunciate alla Questura;
(iii)          la detenzione di un quantitativo di munizioni superiore a quanto consentito (in numero di 1675 in luogo di 1500).
In relazione alle penali contestazioni, il Pubblico ministero presso il Tribunale di Varese presentava, in data 30 dicembre 2023, richiesta di archiviazione. Conseguentemente, il giorno 15 gennaio 2024, il sig. N….. domandava la revoca del divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi.
A seguito di rituale comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, la Prefettura rigettava, con provvedimento del 5 marzo 2024, l’istanza di revoca in ragione dei seguenti elementi:
(i)  l’elaborazione delle ipotesi di reato ravvisate dalla Questura e comunicate alla Procura della Repubblica, vertenti: sulla detenzione illecita di armi comuni da sparo (artt. 2 e 7, l. n. 895 del 1967), sull’omessa custodia delle armi comuni da sparo e il mancato rispetto delle prescrizioni del Questore sulla custodia delle armi da collezione (artt. 20, l. n. 110 del 1975 e 650 cp), sulla detenzione illegale di munizioni e la loro mancata denuncia (artt. 697 cp, 17 e 38 TULPS, 221 TULPS e 97 Reg. TULPS);
(ii) la circostanza per cui la stanza delle armi sarebbe stata oggetto di attenzione da parte dei malviventi responsabili del reato di furto in abitazione, in quanto gli operanti intervenuti dopo il fatto avrebbero annotato di aver ivi trovato dei cassetti di una madia e di un comodino aperti.
Il signor N….. ha impugnato, con ricorso RG n. 823 del 2024, il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca del decreto del 20 novembre 2023 della Prefettura di Varese, contenente il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi.
Il gravame veniva affidato a due ordini di doglianze, entrambe incentrate sui vizi di eccesso di potere (per difetto d’istruttoria, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti) e di violazione di legge (art. 97 Cost. e art. 3, l. n. 241 del 1990). Si deduce sostanzialmente il superamento delle ragioni addotte a sostegno del rigetto alla luce degli sviluppi della vicenda in sede penale, di cui, nemmeno a livello formale, avrebbe tenuto conto l’Amministrazione in motivazione. Un superamento che, dal punto di vista sostanziale, sarebbe vieppiù confortato dalla sopravvenuta archiviazione disposta dal GIP presso il Tribunale di Varese in data 19 marzo 2024 nel procedimento RGNR n. 4431 del 2023.
Con ordinanza n. 444/2024 (resa nella causa RG n. 823 del 2024), il Tribunale accoglieva l’istanza cautelare formulata dal ricorrente; nel recepirla, la Prefettura di Varese adottava il decreto del 24 maggio 2024, con cui si disponeva la sospensione dell’obbligo di cessione delle res fatte oggetto del precedente divieto di detenzione, confermandolo per la parte rimanente.
Avverso tale atto, il signor N….. presentava ricorso per motivi aggiunti, censurandone l’illegittimità:
(i)  anzitutto, in via derivata, per le medesime ragioni esposte avverso il decreto del 5 marzo 2024;
(ii) secondariamente, in via autonoma, per il vizio di eccesso di potere sotto plurimi profili (difetto d’istruttoria e di motivazione, di contraddittorietà, di travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e ingiustizia manifesta), oltre che per violazione dell’art. 97 Cost., con ciò lamentando sostanzialmente la mancata considerazione delle risultanze del procedimento penale, ormai conclusosi con l’archiviazione.
Con un successivo e connesso decreto, adottato il 3 settembre 2024 dalla Questura di Varese, veniva disposta la revoca della licenza di collezione di armi antiche, artistiche e rare.
Ritenute non accoglibili le controdeduzioni presentate dall’interessato in sede procedimentale, la Questura adottava la revoca sulla base delle contestazioni penali versate in un secondo procedimento penale (RGNR n. 1771 del 2024), concernenti il medesimo contesto fattuale di quelle oggetto di pregressa archiviazione, e sul divieto di detenzione adottato dalla Prefettura, di cui l’atto in questione sarebbe una vincolata conseguenza.
Avverso questo secondo provvedimento, il ricorrente ha proposto il ricorso RG n. 2837 del 2024, affidato a due motivi di ricorso, sostanzialmente sovrapponibili alle doglianze esposte in precedenza (RG n. 823 del 2024), rispetto alle quali aggiunge che la pretestuosità dei motivi concernenti le accuse penali a suo carico sarebbe ancor più comprovata dalla richiesta di archiviazione (non opposta) presentata in data 29 luglio 2024 dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Varese in relazione al secondo procedimento penale avviato a suo carico (RGNR n. 1771 del 2024).
Con ordinanza n. 1452/2024 (resa nella causa RG n. 2837 del 2024), il Tribunale accoglieva l’istanza cautelare, sospendendo l’efficacia del provvedimento di revoca.
Parallelamente, il sig. N….. proponeva alla Questura di Varese istanza di rinnovo della licenza del porto di fucile ad uso caccia.
La domanda, previa rituale comunicazione ex art. 10-bis, l.n. 241 del 1990, veniva rigettata dal Questore, con decreto del 4 novembre 2024, in virtù delle seguenti ragioni:
(i)  la sussistenza del divieto di detenzione di armi adottato dalla Prefettura di Varese nei confronti dell’interessato;
(ii) l’accertata disponibilità, in capo al N….., di un numero di munizioni (n. 1675) superiore a quelle denunciate (numero pari a 180);
(iii)          la violazione delle prescrizioni imposte con la licenza da collezione concernenti la diligente custodia. Segnatamente la detenzione delle armi sarebbe avvenuta in un luogo privo di sistema d’allarme, di videosorveglianza, di grate alle finestre; sotto un ulteriore profilo, la c.d. stanza delle armi sarebbe risultata accessibile sia alla convivente del richiedente, sia al domestico, sia alla moglie del domestico; ancora, le armi custodite sulla rastrelliera a muro e all’interno di una vetrinetta di vetro sarebbero state assicurate con una semplice catenella di maglia e un lucchetto; da ultimo, il domestico, in possesso delle chiavi dei lucchetti, avrebbe avuto la disponibilità anche di entrare in possesso di armi comuni da sparo;
(iv)          N….. non avrebbe saputo riferire agli operanti, in sede di controllo delle armi, dove si trovasse il revolver Remington mod. 1850, facente parte della licenza di collezione;
(v) l’interessato, violando le prescrizioni contenute nella licenza, non avrebbe denunciato la variazione della collezione in relazione alle ulteriori otto armi antiche oggetto di sequestro (rispetto alle quali non sarebbe stata documentata la provenienza), alcune delle quali sarebbero state ritenute dall’Amministrazione armi comuni da sparo;
(vi)          le valutazioni svolte in sede penale con riferimento alla richiesta di archiviazione nell’ambito del procedimento RGNR n. 1771 del 2024 non vincolerebbero il giudizio della Questura sull’affidabilità del consociato in materia di armi;
(vii)         la circostanza per cui gli autori del furto in abitazione subito dal N….. avrebbero avuto agevole accesso alla stanza delle armi, poi messa a soqquadro. Avverso il provvedimento di diniego, il ricorrente proponeva un terzo gravame, con ricorso RG n. 3399 del 2024.
Le ragioni addotte a sostegno del provvedimento vengono contestate tramite l’articolazione di due motivi sostanzialmente sovrapponibili alle doglianze presentate in occasione dei precedenti atti introduttivi del giudizio. I vizi di eccesso di potere e la violazione del principio di buona amministrazione emergerebbero, in particolare, dall’assorbimento delle ragioni poste a fondamento del diniego da parte dell’accertamento svolto dall’Autorità giudiziaria in sede penale; di talché emergerebbe l’infondatezza del giudizio      d’inaffidabilità          formulato dall’Amministrazione con riguardo al ricorrente in materia di armi.
Il Ministero dell’interno si è costituito in resistenza replicando puntualmente alle censure sollevate in tutti i gravami.
All’udienza del 14.5.2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio dispone ai sensi dell’art. 70 c.p.a. la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe attesa la loro stretta connessione soggettiva e oggettiva.

Il quadro normativo entro il quale si muovono le cause oggetto di trattazione può essere ricostruito nei seguenti termini.
L’art. 11 del TULPS prevede, in via generale, che “le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2° a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione”.
Con particolare riferimento alle autorizzazioni in materia di armi, l’art. 39 del citato Testo Unico stabilisce: “Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne. [...]”.
Inoltre, l’art. 43 del TULPS prevede che: “Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
a)  a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b)  a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c)  a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dàaffidamento di non abusare delle armi”.
N. 00823/2024 REG.RIC.
In subiecta materia, la Corte costituzionale, con sentenza n. 440 del 1993, ha negato alla pretesa di ottenere il porto d’armi natura di diritto assoluto, affermato che essa rappresenta “eccezione al normale divieto di portare armi, e può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse, in modo da scagionare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera e restante massa dei consociati sull’assenza di pregiudizi sulla loro incolumità”.
Ciononostante, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 11 e 43 del TULPS nella parte in cui pongono a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta.
Dal tenore delle due disposizioni, che fondano il potere amministrativo di rilasciare il porto d’armi e di vietare la detenzione delle armi, emerge che il rilascio del titolo o l’adozione del divieto sono subordinati, tra gli altri presupposti, alla sussistenza della “buona condotta” dell’istante o dell’“affidamento di non abusare delle armi”, circostanze la cui prova è posta a carico dell’Amministrazione.
La sussistenza di questi due presupposti è frutto di una valutazione discrezionale dell’Amministrazione in ordine al profilo del quomodo, dovendosi effettuare una compiuta e attenta valutazione e ponderazione degli interessi in gioco, rappresentati dalla tutela della pubblica incolumità (interesse pubblico primario) e dall’interesse materiale sotteso al rilascio del permesso (interesse privato), al fine di evitare che le armi possano essere usate da persone ritenute capaci di abusarne (cfr. i precedenti della Sezione 17.7.2023, n. 1834, 23.10.2023, n. 2423 e 13.11.2023, n. 2673).
La natura discrezionale di simili provvedimenti non implica, peraltro, un indebolimento del sindacato giurisdizionale. Sul punto, il Consiglio di Stato (cfr. sez. III, 26 gennaio 2023, n. 923) ha avuto modo di affermare, nella materia de qua, che “quanto più si estendono le maglie della discrezionalità dell'Autorità amministrativa, tanto più è necessario un sindacato penetrante da parte del giudice amministrativo volto ad evitare che sotto il mantello della discrezionalità possa celarsi un esercizio arbitrario della funzione amministrativa.
In questa logica, si pone del resto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato che, sia pur con riferimento alla discrezionalità tecnica delle Autorità amministrative indipendenti, ha affermato che la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, teso a riscontrare vizi di manifesta illogicità e incongruenza, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, attraverso la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e il controllo sull'attendibilità tecnica della valutazione compiuta dall'Amministrazione, salvo il limite rappresentato dall'oggettivo margine di opinabilità (ex multis, Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050).
Il giudice amministrativo è dunque chiamato a valutare la consistenza dei fatti posti a fondamento dei provvedimenti impugnati al fine di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale sull’abuso delle armi che l'autorità amministrativa ha tratto da essi secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva - e non sanzionatoria - della misura in esame. Ciò posto, può essere vagliato il primo ricorso presentato dal sig. N….. (RG n. 823 del 2024).
Esso risulta fondato nei limiti di quanto dinnanzi specificato.
Il provvedimento di diniego dell’istanza di revoca del divieto di detenzione armi risulta affetto da un deficit d’istruttoria e da una carenza di motivazione.
In questo senso basti evidenziare che entrambe le ragioni sottese alla determinazione prefettizia (tanto gli ipotizzati illeciti penali, tanto l’intrusione nella stanza delle armi da parte degli autori del furto in abitazione) risultano incentrate su fatti all’attenzione anche dell’Autorità giudiziaria in sede penale. Risale, segnatamente, al 30 dicembre 2023 la richiesta di archiviazione delle notizie di reato, disposta dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Varese, in relazione agli artt. 2 e 7 della l. n. 895 del 1967, all’art. 20 della l. n. 110 del 1975 e 697 c.p..
L’Amministrazione, nel provvedimento adottato in data 5 marzo 2024, non solo omette di dare conto dello sviluppo della vicenda penale a carico del N….., ma evita altresì di confrontarsi con gli argomenti spesi dalla Pubblica Accusa. In particolare:
-    la detenzione delle otto pistole non rientranti nella licenza di collezione non poteva ritenersi illegale, trattandosi di armi antiche e non di armi comuni da sparo, la cui aggiunta alla collezione non costituiva (peraltro) un cambiamento sostanziale soggetto a denuncia;
-    la condotta di omessa custodia non è configurabile in relazione alle armi antiche.
Se è vero che la Prefettura non aveva l’onere di recepire le valutazioni dell’Autorità giudiziaria penale, è altrettanto vero che occorreva tenerne conto al fine di restituire una lettura dei fatti idonea a far emergere la rilevanza della tutela preventiva dell’ordine e della sicurezza pubblici nonostante una loro eventuale irrilevanza penale.
L’Amministrazione resistente si è invece limitata a richiamare le informative di Polizia senza compiere considerazioni in grado di restituire un quadro valutativo complessivo circa l’affidabilità dell’interessato o svolgere un’autonoma valutazione dei fatti oggetto del procedimento penale.
Da simili considerazioni discende la fondatezza del ricorso relativo alla causa RG n. 823 del 2024, il quale va pertanto accolto.
L’annullamento del provvedimento di rigetto di revoca del decreto prefettizio di divieto di detenzione del 5 marzo 2023 discende la caducazione automatica del provvedimento del 20 novembre 2023 adottato dalla Prefettura sul presupposto di quel provvedimento e in ottemperanza all’ordinanza n. 444/2024 della Sezione.
Ciò comporta l’improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti per sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione dal momento che l’accogliento del ricorso principale è in grado di soddisfare pienamente la pretesa azionata in giudizio.
Anche il secondo ricorso presentato dal ricorrente (RG n. 2837 del 2024) è fondato e dev’essere, pertanto, accolto.
Sebbene il provvedimento gravato sia sorretto da una pluralità di ragioni autonome, deve osservarsi che l’accoglimento del ricorso proposto contro il provvedimento di rigetto di revoca del decreto prefettizio di divieto di detenzione del 5 marzo 2023 pone nel nulla l’assunto secondo cui la revoca discende dall’efficacia del provvedimento prefettizio di divieto di detenzione armi.
Quanto alla confutazione delle ulteriori ragioni poste a base della revoca, si possono integralmente richiamate le considerazioni spese in precedenza.
Mutatis mutandis, il provvedimento di revoca della licenza di collezione di armi antiche, artistiche e rare adottato dalla Questura presenta i medesimi vizi di cui è affetto il provvedimento prefettizio di rigetto dell’istanza di revoca del divieto di detenzione armi.
Nella specie, la Questura, nel provvedimento adottato il 3 settembre 2024, ha omesso di considerare:
-    in relazione ai fatti contestati nel procedimento penale RGNR n. 4431 del 2024, l’archiviazione disposta dal GIP del Tribunale di Varese in data 19 marzo 2024, in accoglimento della richiesta avanzata dalla Procura;
-    in relazione all’ulteriore procedimento penale (RGNR 1771 del 2024) a carico del N….., vertente sulle ipotesi di reato di cui agli artt. 650 e 697 c.p. e 17 e 38 r.d. n. 773 del 1931, le argomentazioni spese dalla Procura della Repubblica nella richiesta di archiviazione, presentata in data 29 luglio 2024. In tal senso, la Questura avrebbe dovuto confrontarsi con (i) la ritenuta diligenza nella custodia delle armi, assicurate al muro con catena e lucchetto all’interno di una stanza ad hoc, protetta da vetri blindati e antisfondamento, chiusa a chiave e accessibile solo alla moglie dell’interessato e al domestico, nonché con (ii) la ritenuta legittimità della detenzione del quantitativo di munizioni, in quanto da rapportarsi al numero di armi detenuto legittimamente.
Anche in questo caso, l’Amministrazione, oltre a obliterare rilevanti circostanze sul piano istruttorio, non ha restituito un quadro valutativo autonomo e complessivo sull’affidabilità dell’interessato.
Ne consegue la dichiarazione di fondatezza delle censure riguardanti il deficit istruttorio e motivazionale che affligge il decreto questorile di revoca.
Anche il terzo e ultimo atto ricorso (RG n. 3399 del 2024) dev’essere accolto per la fondatezza delle censure incentrate sul deficit di motivazione.
Le considerazioni adottate per motivare il provvedimento di rigetto o risultano già vagliate in senso negativo dall’Autorità giudiziaria, oppure sono irrilevanti ai fini della formulazione del giudizio prognostico di affidabilità; di talché, in assenza di ulteriori elementi a sostegno, la conclusione cui giunge il Questore dev’essere giudicata irragionevole e, quindi, censurabile.
In primo luogo, nella contestazione relativa al possesso in munizioni in eccesso rispetto al numero consentito non si considera, come evidenzia anche il provvedimento di archiviazione, che il quantitativo delle munizioni dev’essere rapportato al numero e tipologia di armi nella legittima disponibilità del soggetto. Nella contestazione sulla diligente custodia non risultano adeguatamente confutate le ragioni a base delle quali l’Autorità giudiziaria (con il decreto di archiviazione nel procedimento RGNR n. 4431 del 2024 e con la richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico ministero nel procedimento RGNR 1771 del 2024) ha invece ritenuto non esigibile una diversa condotta in ordine alla custodia delle armi (sotto gli aspetti dello stato dei luoghi, della collocazione delle armi all’interno dell’apposita stanza, delle persone che potevano avere accesso alla medesima).
La circostanza che gli autori del furto in abitazione subito dal signor N….. abbiano avuto accesso alla stanza delle armi, non può ritenersi evento imputabile al ricorrente o da questi evitabile con certezza, né si allegano elementi tali da cui poter inferire una condotta agevolativa del ricorrente in ordine al subito furto.
Con riguardo, poi, alla mancata giustificazione circa l’assenza del revolver Remington all’interno dell’abitazione, tale elemento non può essere ritenuto rilevante ai fini della valutazione prognostica, dal momento che trattasi di un’arma storica, non già da sparo.
Da ultimo, con riferimento alla mancata denuncia delle otto pistole antiche, poi oggetto di sequestro, le vicende penali a cui è stato sottoposto l’interessato evidenziano che la loro aggiunta alla collezione non aveva inciso sulla collezione in maniera sostanziale, tale da comportare un obbligo di denuncia alla Autorità di Pubblica Sicurezza.
In considerazione delle superiori osservazioni, il provvedimento impugnato presenta una valutazione prognostica sul pericolo di abuso delle armi irragionevole e, per ciò solo, inidonea a fondare la revoca del titolo abilitativo.
In definitiva, nei limiti di quanto su esposto, il gravame proposto va accolto, mentre va dichiarato improcedibile il ricorso per motivi aggiunti proposto nel ricorso RG n. 823 del 2024.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), dispone la riunione ai sensi dell’art. 70 c.p.a. dei ricorsi indicati in epigrafe e definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Ministero dell’interno al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente che liquida nella somma di euro 4.500,00, oltre spese generali, iva, cpa, con rimborso del contributo unificato versato per i gravami.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere
Luca Iera, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE Luca Iera
IL PRESIDENTE Antonio Vinciguerra
IL SEGRETARIO

 


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